Il nostro Patrono

Con un decreto di Papa Pio XII

Cosi San Maurizio divenne protettore degli Alpini

San Maurizi0
(da un numero del nostro giornale “L’ALPINO” del 1991)

Si era nei primi mesi del 1941, in piena guerra e il Corpo degli Alpini con più di un secolo di vita non aveva ancora un Santo Protettore. A questa mancanza pensò di provvedere il generale di Corpo d’Armata Ugo Pizzanello, allora reggente (presidente) del comando del 10° reggimento Alpini, come allora era denominata l’A.N.A. Infatti in data 14 giugno 1941 indirizzava al Papa d’allora , Pio XII, la seguente petizione:

“Beatissimo Padre, nella mia qualità di comandante del 10° Reggimento Alpini, che raccoglie sotto il suo labaro 100.000 Alpini, mi permetto di sottoporre alla Santità Vostra l’aspirazione delle penne nere d’Italia di avere un santo loro particolare Patrono, agli esempi del quale potersi ispirare e alla cui intercessione ricorrere in pace ed in guerra. Un referendum lanciato dal nostro giornale “L’ALPINO” cui hanno preso parte anche S.E. mons. Giovanni Giorgis, vescovo di Fiesole, ufficiali generali e superiori e numerosi cappellani militari, ha richiamato l’attenzione in modo particolare sopra il martire S. Maurizio. E, infatti, sembra che l’eroico comandante della legione alpina “Tebea” invitto combattente per la sua fede e la patria, caduto sulle Alpi e già venerato con particolare culto in Val Camonica ed altre regioni alpine, abbia molti titoli perché la Santità Vostra si degni proclamarlo particolare patrono delle truppe alpine d’Italia. Nella fiducia che questa preghiera sarà dalla Vostra Santità benevolmente accolta, porgo, con l’omaggio mio particolare, quello filialmente devoto dei centomila Alpini inquadrati nei battaglioni del 10° Reggimento, invocando su di essi e le loro famiglie l’Apostolica Benedizione”.

In data 15 luglio arriva, in lingua latina, il “DECRETO”. Ecco la traduzione:

“È particolare compito di quel corpo dell’esercito italiano che prende il nome di Alpini, salire le vette dei monti e difendere i confini della Patria, tra difficoltà asperrime e contro le forze della natura. Quindi nei grandi pericoli da cui sono pressati nulla può essere più conveniente, che avere un celeste Patrono, che agisca come loro Custode e Protettore e che coi suoi esempi nella vita mortale sia loro di sprone a compiere il loro dovere. I dirigenti di tale istituzione con unanime voto hanno scelto come Patrono San Maurizio, intrepido comandante della legione Tebea, che combattè valorosamente in favore della Patria e cadde Martire di Cristo, ucciso sui monti delle Alpi, dove è venerato con particolare devozione dagli alpigiani. Ora poi per suscitare e aumentare una viva devozione verso l’inclito lottatore di Cristo e per ottenere un valido patrocinio, i dirigenti ricordati prima, supplicarono con zelo Sua Santità Pio XII affinché lo stesso celeste Santo fosse dichiarato e costituito presso Dio, Patrono dell’esercito ricordato. E accogliendo volentieri queste preghiere fatte dal sottoscritto Prefetto  Cardinale della Congregazione dei Sacri Riti, Sua Santità si è degnato benignamente di dichiarare e costituire San Maurizio Martire, celeste Patrono, presso Dio, dell’esercito italiano denominato con il nome di Alpini”.

Carlo Cardinale Salotti    Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti

San Maurizio Martire – Patrono degli Alpini (22 settembre)

Grande condottiero dell’esercito romano, capo della legione Tebea, specificatamente preparata per le guerre in montagna anche se oriunda dell’Egitto, Maurizio aveva con i suoi uomini più volte valicato le Alpi, compiendo imprese che in quel tempo non erano certamente facili né da sottovalutare. Se la “penna nera” fosse già stata in uso, certamente quei prodi soldati l’avrebbero orgogliosamente issata sui loro elmi. Questa specializzazione sarà stata certamente valutata nella scelta del nostro Patrono!

Ma diciamo di Maurizio. Nel primo periodo del regno di Diocleziano, circa nel 286 dopo Cristo, giunse a Roma notizia che nella Gallia era scoppiata una furiosa rivolta di sudditi che, raccolti in grossi gruppi operavano lungo le vie di comunicazione con Roma ed impedivano i regolari rifornimenti alle truppe di occupazione. Venne pertanto dato incarico a Massimiano di formare una spedizione atta a domare la rivolta. A far parte della spedizione venne anche chiamata la legione Tebea che partì dalla Liguria e dopo lunghe marce, valicato il Gran San Bernardo, si accampò presso il fiume Rodano, a circa sessanta miglia da Ginevra, in un punto in cui si apriva fra i monti la vasta valle di Agauno. Fu durante questo soggiorno che Massimiano, ordinato il concentramento ad Octodure (l’attuale Martigny), volle che l’intero raggruppamento offrisse agli dei sacrifici atti ad ottenere il loro aiuto nei difficili combattimenti cui si apprestavano. La Legione Tebea, forte di 6666 uomini, era in gran parte formata da Cristiani e si rifiutò di compiere un gesto che veniva reputato sacrilegio per la fede che professavano. Non vollero smentire il loro “credo” ricordando che prima  di essere soldati dell’imperatore, erano soldati di Cristo. Il crudele Massimiano decise che dieci soldati venissero estratti a sorte, flagellati ed uccisi davanti ai loro compagni per impaurirli e persuaderli a sacrificare. Ma gli eroici Cristiani non vacillarono, non cedettero. Fuori di sé, l’imperatore intimò la decimazione per disobbedienza, terribile pena inflitta allora solo ai disertori. La Legione venne divisa in centurie. Sfilarono davanti ad un ufficiale che li contava: uno, due, tre, quattro………il decimo era fermato ed interrogato. Al rifiuto di compiere i sacrifici richiesti, il prescelto veniva ucciso. Seicentosessantasei Martiri dopo la prima decimazione e la fede restò incrollabilmente ferma in quegli animi forti. Neppure Valerio Trebone, comandante della Legione Ferrea, mandato ad Agauno per indurre i legionari di Tebe a recedere dal loro proposito, minacciando una seconda decimazione, poté costringere alcuno alla volontà dell’imperatore pagano. Mossero allora tutte le altre Legioni contro Maurizio e i suoi. Gli eroi deposero le armi, gettarono l’elmo, la corazza e lo scudo ed offersero il loro petto inerme ai carnefici.

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Annotazione; ci siamo trovati in buona compagnia, noi Alpini, quando cinquant’anni fa (1941) siamo stati ammessi nell’eletta schiera che milita pacificamente sotto il patronato di San Maurizio. Ci hanno preceduto in ordine di tempo alcuni Ordini cavallereschi, celebri fra tutti quelli di San Maurizio e Lazzaro di Savoia e del Toson d’oro in Spagna. Non abbiamo nemmeno l’esclusiva militare perché ce la dividiamo con gli svizzeri; infatti la croce bianca della bandiera elvetica era l’insegna della Legione Tebea. Come oriundo africano se l’è accaparrato anche la categoria dei tintori, colpita forse dal suo viso abbronzato. Infine è diventato anche l’intercessore dei malati di gotta.