Capogruppo….e non solo

N.B: in questa pagina vengono riportati gli scritti più belli del Capogruppo Porro Gianmario.

CHI E’ L’ALPINO

L’Alpino è un soldato, figlio prediletto della montagna, di quella montagna che nel periodo della naia lo ha accolto per completare l’addestramento partecipando ai campi estivi, ai campi invernali. E’ figlio di quella montagna che gli ha insegnato che essa va affrontata con la consapevolezza, con l’attenzione di un soldato che sa di muoversi in un terreno insidioso, di un soldato conscio che dovrà superare durante le lunghe marce sentieri dissestati. E’ figlio di quella montagna che lo ha educato all’amicizia, alla solidarietà per dare aiuto a un amico in difficoltà. Insegnamenti che, lasciata la divisa militare, trasferirà nelle sue escursioni da libero alpinista per essere pronto a provvedere ad un richiesto soccorso del compagno in salita. La montagna ama questo suo figlio alpino, lo protegge durante l’impegnativo addestramento regalandogli nel contempo panorami mozzafiato: cime innevate, ridenti vallate, verdi prati, impetuose cascate. L’Alpino è figlio di quella montagna che ha dato tanti suoi figli in occasione dei due conflitti mondiali. L’Alpino è figlio di quella montagna la cui difesa le è stata affidata perché abituato a muoversi in quota, perché temprato al clima e conoscitore del terreno. L’Alpino è figlio di quella montagna che è stata testimone di combattimenti per la difesa dei confini della nostra Patria, indicando coloro che vi presero parte e che sono degni della nostra imperitura memoria. L’Alpino è figlio di quella montagna che fu teatro della glorificazione del nostro tricolore insegnandoci l’amore per la nostra bandiera, personificazione dell’unità della nostra Patria. L’Alpino è figlio di quella montagna dove c’è un forte legame tra le valli alpine e la vita militare alpina. Cara montagna, questo tuo figlio Alpino nelle sue esercitazioni sale sempre più in alto avvicinandosi al Signore. In questo suo salire, incredulo per lo spettacolo della creazione, rende grazia all’altissimo Creatore. L’Alpino è figlio di quella montagna che Gesù ha amato e salito per pregare e proclamare le beatitudini. E’ figlio di quella montagna dove Gesù si è sacrificato per la redenzione di tutta l’umanità. La montagna ha trasmesso al suo figlio Alpino tutta l’attenzione che deve accompagnarlo quando la frequenta oltre che da soldato anche da borghese alpinista. Nel suo vivere, nel suo muoversi con abiti civili, l’Alpino potrà incontrare delle difficoltà di altra natura, ma pur sempre pericolose che supererà con gli insegnamenti che ha ricevuto dalla montagna. Ecco chi è l’Alpino: figlio di quella montagna che non potrà vivere senza l’Alpino e l’Alpino senza la montagna. Uno è fatto per l’altra. Montagna-Alpino un connubio che non si spezzerà mai. La penna nera infilata nella nappina testimonia che l’Alpino è figlio di quella montagna dove si annidano le aquile, fornitrici di questo simbolo prestigioso. L’Alpino è il figlio prediletto di quella montagna dalla quale ha imparato che per conquistare le sue vette ci vuole entusiasmo, sforzo fisico e grande voglia di sempre nuove conquiste. Cara montagna, questo tuo figlio Alpino ti ringrazia per i valori che gli hai regalato. Valori di italianità, di ricordo dei nostri Veci che difesero i sacri confini della nostra Patria, di solidarietà, di rispetto per il tuo ambiente, di rafforzamento del suo fisico contro le fatiche, il freddo e le variazioni climatiche. Montagna, il tuo figlio Alpino ha affardellato lo zaino con tutti questi pregi che gli saranno compagni di grande giovamento anche durante le ascensioni di appassionato alpinista.

******

IL MIO CAPPELLO ALPINO

Nel mio armadio, circondato, guardato a vista, quasi coccolato dai miei tanti cappelli invernali c’è un Cappello sdrucito con un numero sul davanti protetto da un’aquila, con una penna d’aquila leggermente rovinata, infilata in un piccolo fiocchetto verde. E’ il mio Cappello d’Alpino. E’ un Cappello che ha una lunga vita, è stato testimone di una storia di naia militare un po’ tormentata. E’ un Cappello che conservo gelosamente, come soltanto può un soldato fiero della tradizione del Corpo degli Alpini. Quando lo calco in testa mi sento orgoglioso della mia totale italianità. Mi ha accompagnato nel periodo del servizio militare portato avanti sotto due repubbliche e che ho accettato senza mai lamentarmi, anche quando l’addestramento si è  svolto duramente in Germania. Un Cappello impreziosito da una penna che mi dava e mi dà tanta sicurezza, tanta tranquillità, con la certezza che mi sarà sempre un compagno fedele. Caro Cappello, sono sempre stato e sono orgoglioso di portarti.

cappello alpino

*****

LA FELICITA’ DI UN VECCHIO ALPINO

Per far felice un vecchio Alpino ci vuole poco. Se poi la felicità viene da una persona cara l’esultanza raddoppia. Questa gioia l’ho provata venerdì 16 settembre 2012 a Belluno dove mia nipote concludeva il periodo di tre settimane della MININAJA. Quando le è stato consegnato il Cappello Alpino con la nappina bianca del 7° Rgt. Alpini, per poco, il mio cuore di nonno Alpino non è scoppiato per la gioia. Ero felice nel constatare che quel Cappello inorgogliva anche mia nipote, e qualche lacrima bagnava i miei occhi. Mi sono sentito orgoglioso di mia nipote quando il Colonnello, nel suo intervento di chiusura della manifestazione, si è compiaciuto con i ragazzi e le ragazze per il loro comportamento esortandoli a tenere caro il Cappello, a portarlo con orgoglio perché se lo erano meritato. Certo tre settimane sono poche raffrontate a chi ha vissuto il servizio militare per mesi e anche anni, ma posso assicurare che questo breve periodo di NAJA  Alpina fa un gran bene ai ragazzi; li abitua ai sacrifici ed alla disciplina. Penso al mondo giovanile, che spesso non ha punti di riferimento validi, a come sarebbe salutare un periodo trascorso in caserma. La cerimonia mi ha ringiovanito; ha riportato alla mia memoria il giorno in cui 67 anni fa, con tanto orgoglio ricevetti il Cappello che mi faceva sentire un baldanzoso Alpino ed un Italiano tutto di un pezzo. Questo Cappello riesce ancora a mantenere la forma ed io lo porto con enorme compiacimento.

La mia mininaja ( di Carlotta Porro)

 Perché ho fatto la mininaja? Me l’hanno chiesto in molti. Prima di tutto ho scelto di farla perché mio nonno Gianmario è un Alpino con la A maiuscola. Quando da bambina, e poi da adulta, gli vedevo indossare il suo Cappello Alpino, il suo sguardo cambiava. Vedevo un orgoglio e una gioia in quel piccolo gesto che è molto difficile da descrivere a parole. Lo sprone a decidere di iscrivermi davvero a questo programma è arrivato quando sono andata ad assistere all’Adunata Nazionale degli Alpini a Torino. L’aria di festa, gioia e rispetto che si respirava mi hanno fatto capire che volevo provarci. Volevo rendere orgoglioso mio nonno e volevo fare parte della grande famiglia degli Alpini. Il primo impatto con la caserma è stato un pò duro. Non era un ambiente a cui ero abituata. Alla sveglia all’alba non era certo mia consuetudine fare il cubo tutte le mattine con grande minuzia. L’ordine, la disciplina e l’obbedienza richiesti all’inizio erano quantomeno spiazzanti. Penso però che togliere la leva obbligatoria sia stato un errore. Ciò che si impara in una caserma non si può imparare da nessun’altra parte. La caserma mi ha insegnato che non sei mai solo. Che per il tuo errore pagano tutti. Che se vuoi raggiungere un obiettivo non devi mai pensare solo a te stesso, ma aiutare sempre i tuoi compagni, altrimenti la tua vittoria avrà il sapore di una sconfitta. Questo vale in una caserma quanto nella vita di tutti i giorni. Siamo, secondo me, una società sempre più individualista, sempre più propensa a soddisfare i bisogni del singolo. Sembra sempre più che quelli bravi sono coloro che calpestano tutto e tutti per arrivare dove vogliono. La caserma invece ti insegna a pensare prima al gruppo. Ti insegna ad avere tanto rispetto per i tuoi superiori quanto per i tuoi compagni. I militari, nonché superiori, con cui sono entrata in contatto sono persone molte diverse tra loro, con storie ed esperienze altrettanto differenti, proprio per questo ognuno di loro è riuscito a insegnarmi qualcosa. Ho chiesto loro di spiegarmi cosa li ha spinti ad arruolarsi, sapendo che c’era il rischio di essere mandati in missione. Ho chiesto loro cosa li spinge a partire per queste missioni sapendo che forse non torneranno; come riescono a mandar via la paura. Molte persone pensano che i militari accettino questi rischi per denaro. Si sbagliano. Sono la prima a pensare che non si possa chiamare missione di pace una missione armata. Ma sappiate che questi soldati partono davvero nella speranza che il loro servizio possa rendere questi territori devastati dei posti migliori. Partono per aiutare. Ho imparato che spesso giudichiamo con arroganza e supponenza mondi e persone che nemmeno conosciamo. E sbagliamo. Sono cresciuta con un nonno Alpino. Un pò lui e un pò il suo Cappello mi hanno insegnato che ci sono due valori fondamentali nella vita: l’onestà e il rispetto. Mi ha insegnato, da vero Alpino, che non importa quanto sia lontana la cima, quanto avverso sia il tempo, quanto difficoltosa sia la salita. Con forza, con determinazione e umiltà si arriva sempre alla meta. Alla fine ho scelto di non arruolarmi perché il mio sogno era un’altro, perché avevo studiato tanti anni per raggiungere un’altra cima. Se qualcuno mi chiedesse se vale la pena arruolarsi risponderei di sì. Risponderei che è un’esperienza talmente unica che vale assolutamente la pena provarla. Ora vivo in Svezia, per scelta, perché ho sempre desiderato viaggiare. Stare all’estero mi ha insegnato una cosa: non esiste paese o popolo migliore degli italiani. Possiamo avere un sistema politico talvolta sbagliato e corrotto, ma l’Italia, quella vera siamo noi. L’Italia vera è fatta di persone come gli Alpini che ogni giorno con gesti più o meno grandi insegnano a tutti noi onestà e altruismo. Sono, secondo me, i custodi della migliore italianità.

*****

PREGHIERA DI UN UOMO DI MONTAGNA

preghiera di un uomo di montagna

*****

AMO LA MONTAGNA

Amo la montagna

*****

LA MIA AMICA MONTAGNA

La mia amica montagna

*****

FIGLI DELLA MONTAGNA

Figli della montagna

*****

RITORNO SULLA MONTAGNA TANTO AMATA

Nella notte, sino a quel momento tranquilla, sono stato svegliato da una voce intima, decisa: “Vai sulla tua montagna per l’incontro con il Signore”. Non potevo disattendere a questo comando che certamente veniva dall’alto. Di buon mattino mi sono incamminato, con il passo lento, ma sicuro di chi ha sempre frequentato la montagna, verso la cima testimone del mio colloquiare con il Signore. La salita si fa sempre più faticosa, di tanto in tanto abbandono la mulattiera e mi addentro nel bosco: in questa stagione ci trasmette un po’ di tristezza. Gli alberi mostrano il loro ligneo scheletro, il sottobosco è brullo, solo mucchi di foglie secche che l’autunno ha depositato. Incontro due agili caprioli che al mio apparire se la danno velocemente. Ho poi la fortuna di trovarmi di fronte una famiglia di cervi. Com’è affascinante la montagna anche d’inverno con i suoi abitanti selvatici, con le piante di agrifoglio dal verde scuro punteggiate dalle bacche dal colore rosso brillante! Signore, in ogni stagione, in ogni angolo, trovo tante bellezze che mi fanno innalzare canti di lode. Sono sulla cima della montagna. Mi concedo un po’ di riposo. Intanto oriento gli occhi verso un orizzonte sereno, nitido con un bel intenso colore azzurro. La cerchia delle Alpi dalle Marittime alle Orobie, cime innevate, profonde vallate che interrompono file di guglie rocciose, che in lontananza si presentano come campanili di cattedrali, piccoli villaggi abbarbicati su pendii anche ripidi,  paesini pur piccoli ma che avevano la loro chiesa per poter rendere grazie al Signore all’inizio e al termine di giornate di pesante lavoro. Santuari, anche enormi, per poter soddisfare da parte dei valligiani la loro devozione alla Madonna. Signore, ho guardato con meraviglia tutto il bello che si è presentato ai miei occhi. Signore, sono sulla montagna che ci ha visti più volte dialogare. Oggi sono salito per presentarti il mio dispiacere che provo in questi giorni in cui si celebra la tua nascita, la tua venuta in mezzo all’umanità per salvarla, per portare pace e amore tra gli uomini. Questo giorno va sempre più perdendo il suo valore cristiano. Tutto di questa festa dei bambini è stato dissacrato. Signore anche il tuo nome è stato commercializzato, sostituito con quello di Babbo Natale. Tutto è stato messo su un piano commerciale. Con tanta tristezza ritorno ai miei tempi giovanili. Era Gesù Bambino che nella notte sul balcone, sulla finestra, in un cesto, depositava i regali, anche modestissimi, ma che facevano la nostra grande felicità. Babbo Natale non esisteva, ed era così bello godere della nostra ingenuità. Signore, ora ti devo dire un fatto che mi ha dato tanta gioia. Nei giorni scorsi ero sintonizzato su un programma per bambini. La gioia l’ho provata quando il presentatore, pronunciando Babbo Natale, si corresse immediatamente. Macchè Babbo Natale…Gesù Bambino come mi ha insegnato la mia nonna e come mi hanno insegnato i miei genitori. Un piccolo fatto che mi ha fatto applaudire. Signore, ti ho spiegato il perché sono salito: per portarti il mio dispiacere, il mondo è su una strada profanatrice, ma per portarti anche la mia gioiagioia che mi accompagnerà nella discesa fino a casa mia.

*****

UN GRAZIE DOPO LA CIASPOLATA (19 febbraio 2012)

Ero in montagna con degli amici non Alpini. Mentre percorrevamo un sentiero un po’ accidentato mi fecero questa domanda: tu che frequenti il mondo degli Alpini spiegaci chi è l’Alpino? Da uomo che non aspetta altro che di parlare di questa esemplare famiglia la risposta fu sollecita: ”l’Alpino è il figlio prediletto di quella montagna che lo ha accolto durante il periodo di leva con i campi estivi e invernali, fortificandolo, trasmettendogli tutte le sue bellezze e la sua vocazione di grande caposcuola di vita. Con queste indubitabili convinzioni l’Alpino ama e frequenta con assiduità la montagna anche dopo il rientro a casa, non interrompendo mai questo bellissimo valido apporto. Così è anche per me. Il suo richiamo è sempre molto forte. Se poi questo invito mi arriva da una manifestazione programmata da una Sezione, da un Gruppo Alpini, non posso mancare. Ciò è avvenuto domenica 19 febbraio per la ciaspolata all’Alpe Grande. Bellissima passeggiata che, dopo aver attraversato una pineta e raggiunto l’Alpe Nuovo, ritorna verso l’Alpe Grande passando nelle vicinanze del Rifugio Cristè. Completo questo pensiero sul mondo degli Alpini che mi ha introdotto a parlare brevemente della ciaspolata  con un doveroso ringraziamento: esprimere da vecchio Alpino un sincero grazie all’amico Peduzzi Agostino. Ad ogni ciaspolata mi omaggia di un ricordo sempre legato al nostro mondo che realizza con la sua inventiva e con la sua abilità di maestro nella lavorazione del ferro. Grazie Agostino! Quando mi consegni l’oggetto nato dalla tua creatività e dalle tue abili mani, l’espressione di gioia che si sprigiona dai tuoi occhi mi commuove perché dimostra che sei un vero sincero Alpino capace di  interpretare in modo meraviglioso il rapporto che hai con chi ti sorpassa in età. Questa amicizia mi è di stimolo per non mollare, finchè il Signore mi darà salute, di frequentare la montagna e di conseguenza la ciaspolata.

UNA GIORNATA IN MONTAGNA (al termine della ciaspolata all’Alpe Grande)

una giornata in montagna

*****

1° MAGGIO 2009

E’ il nostro nono pellegrinaggio per compiere uno speciale atto di pietà religiosa che sottolinea la solidarietà, la vicinanza che continua a sussistere tra noi Alpini, tra i moltrasini e tra chi ha perso la vita su questi monti causa il flagello della peste. Eleviamo la nostra preghiera al Signore perché il nostro aiuto cristiano che oggi offriamo alle anime dei nostri compaesani non abbia mai fine e  perché tutti gli ammalati nel corpo e nello spirito possano assicurarsi la presenza salvatrice del Signore. Oggi noi Alpini ci sentiamo incaricati di un altro compito che ci viene suggerito dalla Santa Messa celebrata in questa Chiesa chiusa intorno dal bosco, che ha come  volta, la volta del cielo, come altare un sasso e con  la Croce che domina la vallata. Queste erano le messe semplici celebrate in un ambiente naturale, amate dal principe dei cappellani alpini don Carlo Gnocchi. Tra un combattimento e l’altro raccoglieva i suoi Alpini attorno ad un sasso o ad un ceppo che facevano da altare  per trasmettere loro la sua impareggiabile forza di sacrificio e il modo di vivere la fede negli innumerevoli momenti di pericolo. Perché oggi lo ricordiamo elevando una preghiera di ringraziamento al Signore che lo accoglierà nella schiera dei Santi? Il 17 gennaio del corrente anno Papa Benedetto XVI ha autorizzato la pubblicazione del decreto che gli attribuisce il miracolo che ha visto protagonista un Alpino. Miracolo che apre la strada alla canonizzazione e quindi al  culto del nuovo santo della Chiesa Universale. Noi Alpini ci sentiamo orgogliosi di avere tra le nostre file un santo che ha sempre operato con spirito di carità. A lui rivolgiamo le nostre preghiere perché ci sostenga e ci protegga sempre.  Da questo luogo sacro e  di sofferenza ci rivolgiamo inoltre alla misericordia del Signore per le tante vittime del terremoto in Abruzzo perché, liberati dai vincoli della morte siano uniti alla comunità dei Santi nella Pasqua eterna e con una preghiera di conforto per tutti coloro che hanno perso familiari e casa.

*****

IL DONO DELLA MATERNITA’

il dono della maternità

*****

UNA IMMAGINAZIONE

una immaginazione

*****

PER I POLITICANTI

per i politicanti

*****

I MIEI 85 ANNI

i miei 85 anni

*****

IL TRENO DELLA MIA VITA

13 Agosto 2012 – ore 6.45

                                   Il treno della mia vita, partito dalla stazione n. 87, moderando la velocità e mandando buffi di vapore, sta entrando nella stazione n. 88 dove si fermerà per tutto questo giorno. Il treno della mia vita è il treno sul quale sono salito, neonato piagnucoloso, il 13 agosto 1924. Ero accompagnato da due splendide persone: mia madre e mio padre con i quali ho percorso su questo treno molta strada. Su questo treno sono cresciuto, ho frequentato le Scuole Elementari e Superiori, mi sono innamorato di una ragazza più giovane con la quale sono convolato a nozze. E il treno della mia vita ha continuato a viaggiare ospitando per circa 40 anni due persone e accogliendo un bambino. Purtroppo dopo molti chilometri percorsi tra pianure e montagne ridenti, il treno ha cominciato a svuotarsi e sono rimasto solo passeggero con un unico vagone. Tutti i giorni mi chiudo in questo vagone per ricordare i bei tempi in cui il treno della mia vita con la locomotiva per nulla sbuffante mi regalava tanta voglia di amare, tanta voglia di dare. Il treno della mia vita negli ultimi 365 giorni ha percorso strade sicure, prive di pericoli e, nonostante i binari si siano maggiormente arrugginiti e fatti più traballanti, non ha mai avuto occorrenza di soste suppletive, niente soste nell’officina di casa per l’intervento di esperti in camice bianco.  Ha percorso perlopiù strade di montagna, di regola le più impegnative, ma non si è mai fermato, ha sempre superato brillantemente tutti gli  ostacoli, confermando la solidità della sua intelaiatura. Queste strade di montagna mi hanno offerto, unico passeggero, panorami da incanto che ringiovanivano il mio intimo perché mi riportavano agli anni della gioventù, quando avevo la forza, la capacità di percorrere a piedi i sentieri che ora ammiravo dal finestrino di un treno. Il treno della mia vita mi ha condotto per diversi sabati  in Bisbino dove ho dato, per quanto permetteva la mia età, tutta la disponibilità per il ripristino delle trincee della Linea Cadorna. Sempre come Alpino, scavalcando il passo dell’Aprica e raggiungendo il passo del Tonale, e più precisamente il luogo della partenza della funivia del Passo Paradiso, mi è stato di aiuto per superare il ghiacciaio Presena in occasione del 48° Pellegrinaggio in Adamello. Il treno della mia vita si è trasformato ancora una volta in tradotta quando mi ha portato attraversando la regione della bassa Engadina, di una bellezza impagabile con tutti i suoi ordinati paesini, in Val di Fassa e a Bolzano per l’Adunata nazionale degli Alpini. Ma il treno della mia vita è stato stupendo quando si è instradato sui binari che da Moltrasio portavano a Belluno. Mia nipote Carlotta mi regalava in quella cittadina delle Dolomiti orientali una soddisfazione gigantesca. Dopo tre settimane di mininaia prestava giuramento alla nostra Patria appartenente al 7° RGT. Alpini – BTG Feltre. Era un Alpino come suo nonno, inorgoglito perché quel Cappello Alpino con la penna nera in testa alla giovane nipote significava soprattutto che ero stato capace di trasmetterle i valori dell’italianità e dell’alpinità. Sì, il treno della mia vita ha registrato soste, ma erano soste piacevoli per accogliere amiche e amici che mi regalavano tutta la loro vicinanza per rendere meno triste, meno difficoltosa, ma più serena la vita che da anziano e solo diventa sempre più gravosa. Questo treno della mia vita continua ad andare su e giù dalle montagne. Da vent’anni è un treno con un unico passeggero. E’ triste. Chiuso nell’unico vagone pensa al treno della sua vita che per quasi 40 anni ha accolto una passeggera modello con la quale condivideva la validità del matrimonio. Il treno della mia vita è un treno speciale che da 88 anni mi accoglie per guidarmi lungo il cammino della mia vita terrena.  E’ un treno classe 1924 che mi ha accompagnato in tutti i momenti belli della mia vita ed anche nei momenti difficili, che mi ha indicato il percorso terreno che dovevo seguire, un percorso di rispetto per tutto e per tutti, di solidarietà per chi ha bisogno, di amore per la famiglia e l’Italia e soprattutto di fede, di riflessione agli insegnamenti del Signore e di applicazione di quanto ho appreso dai miei genitori. Il 13 agosto 2012 è arrivato alla sua fine; fra un minuto alle 24.01 il treno della mia vita ripartirà, destinazione ignota o meglio, se non ci saranno ostacoli lungo il percorso, destinazione stazione n. 89. Questo, se l’Altissimo guidatore avrà rifornito la locomotiva con il necessario e il miglior carburante. Grazie treno della mia vita che mi hai accompagnato anche per i 365 giorni dei miei 87 anni portandomi incolume alla stazione n. 88.

*****

I MIEI 89 ANNI

Bugone – 13 agosto 2013

Carissimi consiglieri

                                   Il vostro invito per festeggiare in compagnia il giorno del mio 89° compleanno mi ha messo in agitazione. Sono andato a prendere lo zaino più capace che posseggo. Affardellarlo, caricarmelo sulle spalle, mettermi in cammino e salire al Bugone per trascorrere con voi, amici Consiglieri una bellissima giornata alpina. In questo zaino, in modo ben ordinato, ho messo tutto ciò che mi avete dato in modo affettuoso in questi tanti anni di Capogruppo. Di questo vi ringrazio con tutto il mio cuore di fiero Alpino. Inoltre ho messo gli insegnamenti che ho recepito nei 65 anni di iscrizione all’Associazione Nazionale Alpini e di conseguenza di appartenenza al Gruppo. Insegnamenti che avevano un solo fine: crescere con la concezione di cittadino italiano rispettoso delle leggi emanate e di quelle che sarebbero state emanate. In un angolino dello zaino ho sistemato i tre anni, e qualche cosa di più, di vita militare trascorsi parte in Italia e parte in Germania. Da queste due “NAJE” ho imparato ad essere un orgoglioso Alpino permeato di tanto amore per la Patria ed essere un altrettanto orgoglioso cittadino italiano. Nello spazio che ancora rimaneva vuoto ho collocato il rispetto che ho sempre avuto per i miei predecessori Capigruppo e per tutti gli Alpini che ho conosciuto in questi anni di appartenenza al Gruppo. Da tutti costoro ho recepito insegnamenti di grande validità e che io ho sempre cercato di trasmettere. Ho riempito lo spazio che lo zaino mi ha concesso ancora con i ringraziamenti sentiti per la vostra memoria per questa data che mi porta a raggiungere quest’anno 89 anni. 

Ottantanove anni sono tanti e come ho detto lo scorso anno, sono felice di trascorrerli con voi amici Consiglieri al Bugone, luogo al quale sono molto legato avendolo frequentato sin da bambino e che pertanto mi regala tanti bei ricordi di gioventù. Quando mi sono messo a chiudere questo zaino mi sono accorto che c’era ancora dello spazio. Non mi è stato difficile renderlo ben pieno. Questo vostro invito per gli 89 anni mi ha riportato alla memoria anche la mia vita da bambino, di studente, di sposo, di genitore, e purtroppo tanti anni di vedovanza. Con tutti i ricordi che hanno caratterizzato tutte queste fasi della mia vita non ho faticato a completare il carico dello zaino. Ritornando a casa caricherò ancora sulle usate spalle questo zaino affardellato con ricordi e ringraziamenti. Lo metterò ben in vista ed ordinato nel locale dove tengo le cose più care della mia Alpinità. Grazie, amici Consiglieri, godiamoci questa giornata di ricorrenza nella sana allegria alpina al fresco di questo angolo di montagna moltrasina, nella consapevolezza che tra un mese festeggeremo un compleanno ben più importante:

i 90 anni del nostro Gruppo

Un forte grazie alpino Gianmario

*****

I MIEI 90 ANNI

i miei 90 anni

*****

Dimissioni da Capogruppo del Socio Porro Gianmario all’Assemblea del 18-01-2015 (dimissioni poi revocate)


IL MIO CURRICULUM DI ALPINO

Sono stato un Alpino classe 1924, veramente lo sono ancora. Mi sono iscritto al Gruppo di Moltrasio nel 1948 al termine del servizio militare (aprile 1947) che ho svolto in due periodi distinti: il primo come Alpino della Repubblica Sociale, il secondo come Alpino dell’attuale Repubblica. I miei primi anni di Socio del nostro Gruppo li ho vissuti con tanto desiderio di conoscere dai Veci, con i loro racconti, i loro ricordi, la guerra che avevano vissuto in alta montagna. Questi ricordi mi venivano trasmessi con tutto il loro entusiasmo per essere stati Alpini fedeli alla Patria. Ho ricevuto così da questi reduci della Prima Guerra Mondiale insegnamenti che mi hanno fatto crescere un Alpino orgoglioso di appartenere al Gruppo di Moltrasio. Sono poi stato componente del Consiglio dando un primo fattivo apporto collaborando all’organizzazione del 35°

di fondazione del Gruppo, (Capo Gruppo Sfondrini Ettore). Ho continuato nel mio compito, nel mio impegno di consigliere al fianco dei Veci: il Manassi Vittorio, il Soriani Gioacchino di Brienno, il Durini Giovanni di Urio (era uso chiamarmi general Porro), lo Sfondrini Ettore, l’Urio Giuseppe, medaglia d’argento meritata in combattimento nella zona del Tonale, l’Ortelli Amabile, il Maggi Mario di Carate, reduce della Seconda Guerra Mondiale, rimanendo pertanto consigliere sino alla nomina di Capogruppo.

E’ venerdì, festa di Santo Stefano. Sono a casa solo. Non ho voglia di uscire per una camminata. Mi trovo bene al calduccio, meglio perciò che mi riposi. Allungo le gambe appoggiandole su un’altra sedia e penso a come impiegherò il pomeriggio. Non ho difficoltà a trovare una buona soluzione. Da tanto tempo sono intenzionato a lasciare l’impegno di Capo Gruppo  per una ragione ben comprensibile: l’età. Per questa ragione non ho più la capacità, ed anche , diciamo, la volontà di seguire tutti gli adempimenti che il Capo Gruppo deve svolgere. La carica di Capo Gruppo dura per me da 45 anni, da quando i Soci presenti all’Assemblea (13 dicembre 1969) nella quale si sarebbe dovuto nominare il Capogruppo dopo la scomparsa del presedente, il Socio Polti Secondo, mi scelsero come guida degli Alpini moltrasini. Nella tranquillità di questo pomeriggio cercherò di fare un riassunto dei miei 45 anni di guida, cercherò di far rivivere nella mia testa gli avvenimenti di rilevanza notevole che hanno registrato il mio operato di Capogruppo. Per prima metterei i diversi compleanni del Gruppo:

  • il 50° solennizzato con la S. Messa al monumento dei Caduti celebrata da mons. Alessandro Plotti. Oratore ufficiale l’avvocato Adrio Casati, Alpino già nella Guerra d’Etiopia, per metà moltrasino, primo Presidente nel dopoguerra della provincia di Milano, figlio dell’avvocato Gianfranco Casati che fu Sindaco di Moltrasio sino al 1924 quando il fascismo sostituì i sindaci con i podestà. Erano pure presenti due generali: il generale Carlo Camin e il generale Santalena, zio di mons. Plotti.
  • Il 60° con la benedizione del nuovo gagliardetto. Madrina la signora Pedraglio Nives e lo è tuttora, friulana, moglie del dott. Achille Pedraglio, ufficiale medico Alpino che aveva svolto il servizio militare in Friuli, molto legato al nostro Gruppo e presente ad ogni nostra manifestazione tanto che nell’impossibilità, ci consegnava scritti ricchi di tanta alpinità, di tanto amor patrio, ereditato in parte dal padre dott. Giuseppe Pedraglio, medico condotto di Moltrasio e presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti.
  • E continuando con i compleanni il 70° e il 75° con le manifestazioni che ebbero parte dei loro svolgimenti nello splendido parco di Villa Passalacqua.
  • L’80° organizzato a Tosnacco. La celebrazione della Santa Messa Sezionale in quegli anni era itinerante. Ogni anno cambiava località a seconda delle richieste dei Gruppi. In quell’anno il nostro Gruppo si preoccupò per questa celebrazione.
  • L’85° programmato sul monte Bisbino per un motivo di vicinanza, di rispetto ai nostri Veci. Costituito il Gruppo i Soci fondatori decisero di salire al Santuario del Bisbino per portare alla Madonna il loro ringraziamento per la protezione durante la loro permanenza sui diversi fronti.
  • E come ultimo impegno l’anniversario per il 90°.

A seguire ricorderò i lavori per la sistemazione del sagrato della chiesa Regina Pacis a Tosnacco che hanno richiesto un impegno non indifferente con la sostituzione dei vecchi contorti alberi con piante di ulivo che ben si adattano alla chiesa. Si è inoltre provveduto alla posa di una ringhiera per dare sicurezza alle persone che si avvicinavano al limitare del muro e alla completa pulizia di tutto il sagrato invaso da sterpaglie, da erbacce. Il lavoro è stato completato con la distribuzione di ghiaietto.

In collaborazione con il CAI sistemazione della chiesa di S. Bernardo ai Murelli che ha richiesto anche il rifacimento del tetto.

Ricupero delle vasche per la raccolta delle acque alla sorgente di Acquera. Una volta queste vasche raccoglievano le acque che uscivano dalla montagna e che servivano da abbeveratoio per le tante mucche che pascolavano all’Alpe Segree. Terminato il lavoro di recupero e posate due lastre di sasso con inciso su una: Gruppo Alpini di Moltrasio e sull’altra: laudate sii mi Signore per sora acqua…le vasche con l’acqua vennero benedette da don Meo.

Gli interventi in montagna hanno un seguito: lavori di recupero delle trincee in Bisbino facenti parte della linea Cadorna; riportata alla memoria dei moltrasini una pagina della loro storia con il ricordo degli  antenati vittime del flagello della peste del 1600 in località Doss di Mort dove venivano sepolte le vittime dell’epidemia. In tale luogo posa di una croce, con la costruzione di un piccolo altare in sasso per la celebrazione della Santa Messa. A tal riguardo ogni anno il giorno I° maggio ci si reca in questa località per il ricordo cristiano. Collegata a questo intervento sistemazione di una parte dell’Alpe Grosso, meglio conosciuto come Alpe di Moltrasio, con la ricostruzione della nevera e con la costruzione del caseggiato dove una volta trovava alloggio l’alpigiano.

Come Alpino legato alla montagna l’impegno per aggregare Alpini anche di altri Gruppi alla partecipazione al Pellegrinaggio in Adamello.  Da questo impegno ho sempre ricevuto tante soddisfazioni. E non voglio dimenticare i lavori per la sistemazione delle aiole all’ingresso del cimitero che più volte in un anno richiedono interventi di pulizia , di sostituzione delle piantine di convallaria che inevitabilmente rinsecchiscono o peggio ancora estirpate dai cani che dai loro padroni non hanno alcun ammonimento. In tutti questi lavori, taluni non indifferenti per sacrifici, per gravosità, per i tanti sabati messi a disposizione del Gruppo, ho avuto un’entusiastica rispondenza da parte di tanti Soci che al termine del mio incarico di Capogruppo mi sento, è anche un mio dovere, ringraziare. Hanno dimostrato, fatto conoscere le ottime disinteressate qualità degli Alpini: uomini pronti a lavorare, pronti a rinunce per dare il loro apporto per il prestigio del Gruppo ed anche del proprio paese.  Ho usato i miei occhi come speciali macchine fotografiche ed essi hanno immortalato nella mia testa tutte queste manifestazioni, tutti questi interventi che in occasioni importanti proietto per rivivere le varie attività che hanno arricchito il mio amore per il Gruppo. Ora, raggiunta questa , direi, venerabile età, sarei un Capogruppo assente da tante attività, dando poco o nulla come apporto organizzativo e lavorativo. E al termine del mio incarico di Capogruppo non  posso dimenticare la maestra Alma Giola, crocerossina nella prima e seconda Guerra Mondiale che nei primi anni della mia appartenenza al Gruppo mi diede una carica di italianità, di alpinità straordinaria che sapeva trasferire nel nostro mondo alpino.

Un pensiero di ringraziamento a voi tutti per la vostra vicinanza in tutti questi anni di Capogruppo anche in occasione del mio novantesimo di età. Quanto ho scritto non vuol dire che mi estranierò dalla vita del Gruppo. Se sarà necessario metterò, da Socio legato a corda doppia alla vita dell’Associazione, tutta la mia esperienza . Come tutte le attività hanno un inizio e una fine, per me è giunta dopo 45 anni la fine e chiudo con un augurio speciale al nuovo Capogruppo.